lunedì 7 dicembre 2009

GUIDA COPENHAGEN #1: Gli Stati ai blocchi di partenza

In questi giorni, a Copenhagen si cerca un accordo politico vincolante. Tutti sono coscienti della necessita’ di arrivare a una posizione comune in grado di che possa trovare l’intesa di Paesi industrializzati ed emergenti. Il risultato e’, quindi, in corso d’opera e i punti in discussione sono molteplici: gli obiettivi degli Stati a breve e lungo termine, il finanziamento per gli Stati emergenti, il ruolo delle foreste e del carbon market. E non esiste un Piano B.

L’obiettivo e’ la stabilizzazione della temperatura ad un massimo di +2 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali – al momento siamo a +0.8 gradi. Oltre questa soglia, la geografia umana cambiarebbe radicalmente.

Attualmente le emissioni di CO2 mondiali sono in crescita. L’International Panel on Climate Change richiede di iniziare a diminuirle entro pochi anni, per raggiungere un taglio del 20-40% entro il 2020 e del 50% entro il 2050. La responsabilita’ della diminuzione e’ “comune ma differenziata”: tutti gli Stati devono essere coinvolti, ma sono i Paesi industrializzati che hanno accumulato piu’ gas serra dalla rivoluzione industriale finora – a loro spettera’ cominciare a ridurre le proprie emissioni e aiutare i Paesi emergenti a intraprendere una strada di sviluppo sostenibile che non tarpi le ali della crescita.

Vediamo i blocchi di partenza riguardante gli obiettivi degli Stati al 2020.
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Paesi Industrializzati

Unione Europea

I 27 stati membri si sono gia’ impegnati a tagliare le proprie emissioni del 20% entro il 2020 rispetto al 1990. L’Unione Europea ha un livello di emissioni in decrescita coerente con gli obiettivi posti dal Protocollo di Kyoto (- 8%) e la riconversione a un’economia low-carbon e’ gia’ iniziata. L’Unione Europea offre di incrementare il taglio delle proprie emissioni al 30% qualora fosse raggiunto un accordo a Copenhagen. All’interno dell’Unione Europea ci sono posizioni piu’ avanguardiste: la Gran Bretagna, per esempio, si e’ gia’ impegnata legalmente a un abbattimento del 34% entro il 2020.

Stati Uniti

Al momento al secondo posto come Paese inquinatore, dopo la mancata ratifica del Protocollo di Kyoto, gli Stati Uniti di Obama hanno deciso di cambiare rotta: a Copenhagen arrivaera’ Obama in persona, offrendo la cifra del Climate Bill che sara’ presto discussa al Senato statunitense: - 17% rispetto al 2005.

Russia

Anche la Russia ha recentemente annunciato la propria volonta’ di partecipare alla lotta ai cambiamenti climatici, con un possibile taglio del 20-25% entro il 2020 rispetto al 1990. Un grande passo avanti, visto che l’obiettivo precedentemente dichiarato era del 10-15%.

Giappone

Il nuovo premier Yukio Hatoyama ha messo sul tavolo dei negoziati un impegno importante: -25% rispetto al 1990. Soggetto al raggiungimento di un accordo.

Canada

Il Canada ha proposto una riduzione del 20% rispetto al 2006 – equivalente a un -3% rispetto al 1990. Il premier Stephen Harper ha annunciato la sua presenza a Copenhagen, dove si spera che il Canada faccia un passo avanti.

Australia

Anche l’Australia ha cambiato direzione recentemente: dopo la mancata ratifica del Protocollo di Kyoto negli anni passati, ha annunciato una riduzione delle emissioni di gas serra unilaterale del 5% rispetto al 1990, che verra’ incrementata fino al 24% in caso di accordo internazionale.

Norvegia

La Norvegia ha annunciato un taglio del 40% della CO2 entro il 2020 rispetto al 1990. Questo e’ l’obiettivo piu’ ambizioso al mondo (dopo quello delle Maldive, vedi sotto).

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Paesi emergenti

Cina

La Cina e’ stato il primo Paese ad redifere un programma di adattamento ai cambiamenti climatici, nel 2007. Per Copenhagen propone di contare il proprio impegno in termini di miglioramento dell’efficienza energetica, con una riduzione della propria intensita’ energetica (quantita’ di CO2 per unita’ di PIL) del 40-45% entro il 2020 rispetto ai livelli del 2005. La Cina e’ attualmente il primo inquinatore al mondo, ma ha ancora una quantita’ di emissione di CO2 pro capite molto minore (circa 5 tonnellate di CO2 – contro le 19 tonnellate di CO2 degli Stati Uniti).

India

Anche l’India ha gia’ un Piano per il Clima, che prevede un incremento dell’energia da fonte rinnovabile e dell’efficienza energetica. A Copenhagen porta un impegno a ridurre del 20-25% la propria intensità energetica rispetto ai livelli del 2005.

Corea del Sud

E’ il primo Paese emergente ad annunciare un obiettivo di riduzione in termini assoluti: -4% entro il 2020, rispetto al 2005, equivalente a una riduzione del 30% rispetto allo scenario “business as usual”. Il Presidente Lee Myung-Bak guarda al Green Deal come volano all’economia coreana.

Messico

Un anno fa il Messico fu il primo Paese emergente ad annunciare un impegno di riduzione: - 50% entro il 2050 rispetto al 2002. Adesso annuncia un impegno a ridurre le emissioni del 20% rispetto allo scenario “business as usual”.

Brasile

Il Brasile ha recentemente dichiarato il proprio impegno a tagliare le emissioni del 36-39% rispetto allo scenario “business as usual”. Anche se non e’ un impegno in termini assoluti, e’ un grande passo avanti, perche’ include un impegno alla lotta alla deforestazione dell’Amazzonia.

Maldive

Le Maldive sono chiaramente un piccolo Stato in termini di contributo alle emissioni mondiali, ma per la posizione geografica sono uno di quelli con la posta in gioco piu’ alta rispetto ai cambiamenti climatici: rischia di scomparire. Percio’ nei negoziati le Maldive fanno parte di una coalizione di Stati denominata Alliance of Small Island States (AOSIS) e hanno intrepreso il piu’ importante impegno al mondo: diventare carbon neutral entro il 2020, ovvero essere il primo Stato al mondo ad emissioni zero.



Veronica Caciagli
Climate Change Officer
British Consulate General Milan

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