giovedì 21 gennaio 2010

In fuga dai mutamenti climatici

Da EffettoTerra.org:

Eco profughi, rifugiati e profughi ambientali, i nuovi prigionieri dell’ambiente. 50 milioni di persone in fuga dalla propria terra a causa dei mutamenti climatici. 100.000.000 di occhi che gridano basta e chiedono uno sviluppo sostenibile.

C’era una volta un pianeta, verde, blu e bianco ricco di vegetazione, acqua, ghiaccio, insomma di vita, dove se non proprio in armonia convivevano una serie di specie viventi diversissime tra loro, ma collegate l’una con l’altra, dove le risorse e la sopravvivenza erano regolate dai bisogni primari, una sorta di unico “organismo vivente”, dove tutto era in relazione... Che fine ha fatto? Ed il suo figlio più evoluto cosa ha fatto per il suo genitore e per i propri fratelli? [...]

Questa non è la trama di un racconto sul darwinismo, ma una delle possibili considerazioni, sugli sconvolgimenti climatici del periodo storico in cui ci troviamo a vivere, dove sempre più spesso appaiono alla ribalta disastri naturali, che sebbene sembrino strutturali o discostarsi di poco dalle solite dinamiche evolutive, in realtà nascondono mutamenti e pericoli nuovi. Come nel caso delle migrazioni umane.

Da sempre l’uomo ha colonizzato e si è spostato sulla superficie terrestre, alla ricerca di maggiori risorse, intervenendo sull’ambiente, sia per accaparrarsele, sia per mantenerne il controllo, inventando una delle pratiche che meno gli rendono onore, la guerra. Lo stesso dicasi per la Terra che nel corso della sua lunga storia attraverso inondazioni, terremoti, uragani, eruzioni vulcaniche ha cercato un proprio equilibrio. Il tutto ha provocato spostamenti massicci di popolazioni umane, estinzioni di specie e creazione di nuovi habitat. Ma adesso l’adattamento inizia a dare segni preoccupanti di cedimento.

A ricordarcelo è un recente rapporto dell’IOM (Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), la principale organizzazione intergovernativa nel campo delle migrazioni, che si occupa di promuovere la cooperazione internazionale e di offrire assistenza per la ricerca di soluzioni pratiche ai problemi. Un allarme che chiama in causa la comunità internazionale, incapace di prevenire. Ad oggi sarebbero 192 milioni le persone (il 3% della popolazione mondiale) che vivono fuori dal loro Paese d’appartenenza. Secondo un rapporto della Croce Rossa Internazionale, le vittime di disastri ambientali nel 2001 rappresentavano il 58% del totale dei rifugiati mondiali, e già allora il degrado ambientale causava più migrazioni rispetto ai conflitti armati o alle persecuzioni politiche e religiose.

L’analisi dell’IOM stima in 50 milioni il numero attuale di eco profughi, rispetto ai 24 milioni del 2002 calcolati dall’Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati). Numero raddoppiato in nemmeno dieci anni e destinato a salire intorno ai 200-250 milioni entro il 2050. Profughi ambientali decuplicati in quasi mezzo secolo. Numeri spietati, capaci di sottolineare come l’uomo non sia esente da colpe. A differenza del passato, la modificazione antropica dell’ambiente è molto più rapida e il numero di disastri ambientali più alto. Sarà un caso?

[...] Per non essere “prigionieri del clima”, sono necessari il riconoscimento da parte della comunità internazionale del problema, politiche contro la vulnerabilità, mantenimento alto del livello della ricerca e aiuto ai Paesi in via di sviluppo, in modo che Terra e uomo tornino a respirare in sintonia.

Fonti: Repubblica, Migration (rivista dell’Iom), Eco.Educazione sostenibile, Federalismi.it, Unhcr.

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