Da LaStampa.it in collaborazione con Greenews.info, articolo di Veronica Caciagli.
Possono un manipolo di appassionati per il clima, armati di social network e flash mob, riuscire a sconfiggere la potente lobby del petrolio? Ebbene, questo è avvenuto negli USA. L'oggetto del contendere era la proposta di costruzione di un oleodotto, il Keystone XL, che avrebbe dovuto trasportare il petrolio estratto dalle sabbie bituminose del Canada fino alle raffinerie texane. Il progetto Keystone XL è un progetto nato nel 2008 dalla TransCanada Corporation. Un oleodotto pensato per attraversare gli Stati Uniti da nord a sud-est, per 2.700 km, attraversando Montana, South Dakota, Kansas, Nebraska. La capacità iniziale era prevista in 435.000 barili di petrolio al giorno, per raggiungere, a regime, i 590.000 barili.
La disputa, all’arma bianca, ha visto da una parte, la TransCanada e l'industria petrolifera al gran completo. Dall'altra, il movimento per il clima, capitanato da Bill McKibben, attivista ambientale fondatore di 350.org e lo scienziato del clima James Hansen. Più migliaia di aderenti, firmatari, manifestanti, che hanno combattuto una battaglia a colpi di petizioni, occupazioni e campagne su Facebook e Twitter. Ultimo approdo il giardino della Casa Bianca, a cui sono seguiti centinaia di arresti, tra cui lo stesso Bill McKibben.
Eppure a decidere sulla contesa, è stato proprio il presidente Barack Obama. Dopo molte indecisioni, giovedì 10 novembre, Obama ha deciso di bloccare la costruzione dell'oleodotto per permettere “ulteriori studi”; con il risultato che la revisione del progetto posticiperà l'inizio almeno fino al 2013. Gli analisti suggeriscono che, in realtà, questo rimando si tradurrà automaticamente nell’abbandono definitivo del progetto di costruzione dell'oleodotto. “Il Presidente ha esplicitamente dichiarato che la questione dei cambiamenti climatici, insieme alla rotta del oleodotto, sono alcuni dei fattori che il nuovo report dovrà passare. Non c'è nessun modo. In un report onesto, che un oleodotto che aiuta a togliere il tappo al secondo serbatoio di carbonio del mondo possa passare questo esame ambientale”, ha dichiarato gioioso e incredulo Bill Mc Kibben, che ha ammesso “quanto improbabile fosse questa vittoria”.
Un mese fa il oleodotto era infatti vicino all'approvazione, tanto che si aspettava di ricevere il nulla osta entro fine anno. “Il nostro movimento ha chiesto a gran voce, parlando del clima, e il Presidente Obama ha risposto. Ci sono state poche e parziali vittorie sui cambiamenti climatici negli Stati Uniti negli ultimi anni, perciò questo è un giorno importante.”
Nella comunicazione ufficiale della Casa Bianca, Obama ha dichiarato: “Supporto l'annuncio del Dipartimento di Stato circa il bisogno di cercare informazioni aggiuntive sulla proposta di oleodotto Keystone XL. Poiché il permesso potrebbe influenzare sia la salute e la sicurezza della popolazione americana, sia l'ambiente, e a causa delle numerose preoccupazioni che sono state sollevate dal pubblico, dovremmo prenderci del tempo per assicurare che tutte le questioni siano risolte in modo appropriato e che tutti i potenziali impatti studiati.”
Al movimento contestatore premevano principalmente due questioni. La prima, quella dell'estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose canadesi: una combinazione di sabbia, argilla, acqua e bitume che porta all'estrazione del petrolio con un processo che genera emissione di grandi quantitativi di CO2. Era stato calcolato che le emissioni di CO2 aggiuntive, associate con il progetto Keystone XL sarebbero state di 12-23 milioni di tonnellate all'anno; “l'equivalente di 2-4 centrali a carbone tradizionali. Calcoli che sono, tra l'altro sottostimati”, dicono i sostenitori della campagna contro Keystone.
La seconda questione riguardava il percorso dell'oleodotto: l'Amministrazione Statunitense per la Sicurezza dei Condotti (oleodotti e gasdotti) non aveva ancora condotto un'analisi approfondita sulla sicurezza del bitume diluito, nonostante le note problematiche associate al trasporto di questo liquido – che ha proprietà più corrosive del petrolio. Il pensiero di poter potenzialmente ripetere un disastro ambientale come quello del Golfo del Messico (che nel 2010 ha visto il mondo testimone dello sversamento di oltre 5 milioni di barili di petrolio per più di 3 mesi), ma sulla terra ferma, in zone agricole centrali, o inquinare fiumi come il Missouri o il Niobrara ha smosso le coscienze.
Il discorso non è ancora chiuso, in quanto la decisione finale è attesa nel corso del 2013. Ma Obama ha affermato: “La decisione finale dovrà essere guidata da un processo aperto e trasparente, dalla comunità scientifica e dalle voci del popolo americano. Allo stesso tempo, la mia amministrazione costruirà un progresso senza precedenti verso il rafforzamento della sicurezza energetica nazionale per continuare a sviluppare un'economia basata su energia pulita.” Bill Mc Kibben e i suoi marcheranno stretto il presidente.
La disputa, all’arma bianca, ha visto da una parte, la TransCanada e l'industria petrolifera al gran completo. Dall'altra, il movimento per il clima, capitanato da Bill McKibben, attivista ambientale fondatore di 350.org e lo scienziato del clima James Hansen. Più migliaia di aderenti, firmatari, manifestanti, che hanno combattuto una battaglia a colpi di petizioni, occupazioni e campagne su Facebook e Twitter. Ultimo approdo il giardino della Casa Bianca, a cui sono seguiti centinaia di arresti, tra cui lo stesso Bill McKibben.
Eppure a decidere sulla contesa, è stato proprio il presidente Barack Obama. Dopo molte indecisioni, giovedì 10 novembre, Obama ha deciso di bloccare la costruzione dell'oleodotto per permettere “ulteriori studi”; con il risultato che la revisione del progetto posticiperà l'inizio almeno fino al 2013. Gli analisti suggeriscono che, in realtà, questo rimando si tradurrà automaticamente nell’abbandono definitivo del progetto di costruzione dell'oleodotto. “Il Presidente ha esplicitamente dichiarato che la questione dei cambiamenti climatici, insieme alla rotta del oleodotto, sono alcuni dei fattori che il nuovo report dovrà passare. Non c'è nessun modo. In un report onesto, che un oleodotto che aiuta a togliere il tappo al secondo serbatoio di carbonio del mondo possa passare questo esame ambientale”, ha dichiarato gioioso e incredulo Bill Mc Kibben, che ha ammesso “quanto improbabile fosse questa vittoria”.
Un mese fa il oleodotto era infatti vicino all'approvazione, tanto che si aspettava di ricevere il nulla osta entro fine anno. “Il nostro movimento ha chiesto a gran voce, parlando del clima, e il Presidente Obama ha risposto. Ci sono state poche e parziali vittorie sui cambiamenti climatici negli Stati Uniti negli ultimi anni, perciò questo è un giorno importante.”
Nella comunicazione ufficiale della Casa Bianca, Obama ha dichiarato: “Supporto l'annuncio del Dipartimento di Stato circa il bisogno di cercare informazioni aggiuntive sulla proposta di oleodotto Keystone XL. Poiché il permesso potrebbe influenzare sia la salute e la sicurezza della popolazione americana, sia l'ambiente, e a causa delle numerose preoccupazioni che sono state sollevate dal pubblico, dovremmo prenderci del tempo per assicurare che tutte le questioni siano risolte in modo appropriato e che tutti i potenziali impatti studiati.”
Al movimento contestatore premevano principalmente due questioni. La prima, quella dell'estrazione di petrolio dalle sabbie bituminose canadesi: una combinazione di sabbia, argilla, acqua e bitume che porta all'estrazione del petrolio con un processo che genera emissione di grandi quantitativi di CO2. Era stato calcolato che le emissioni di CO2 aggiuntive, associate con il progetto Keystone XL sarebbero state di 12-23 milioni di tonnellate all'anno; “l'equivalente di 2-4 centrali a carbone tradizionali. Calcoli che sono, tra l'altro sottostimati”, dicono i sostenitori della campagna contro Keystone.
La seconda questione riguardava il percorso dell'oleodotto: l'Amministrazione Statunitense per la Sicurezza dei Condotti (oleodotti e gasdotti) non aveva ancora condotto un'analisi approfondita sulla sicurezza del bitume diluito, nonostante le note problematiche associate al trasporto di questo liquido – che ha proprietà più corrosive del petrolio. Il pensiero di poter potenzialmente ripetere un disastro ambientale come quello del Golfo del Messico (che nel 2010 ha visto il mondo testimone dello sversamento di oltre 5 milioni di barili di petrolio per più di 3 mesi), ma sulla terra ferma, in zone agricole centrali, o inquinare fiumi come il Missouri o il Niobrara ha smosso le coscienze.
Il discorso non è ancora chiuso, in quanto la decisione finale è attesa nel corso del 2013. Ma Obama ha affermato: “La decisione finale dovrà essere guidata da un processo aperto e trasparente, dalla comunità scientifica e dalle voci del popolo americano. Allo stesso tempo, la mia amministrazione costruirà un progresso senza precedenti verso il rafforzamento della sicurezza energetica nazionale per continuare a sviluppare un'economia basata su energia pulita.” Bill Mc Kibben e i suoi marcheranno stretto il presidente.
Veronica Caciagli
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