Articolo pubblicato su Greenews.info.
Gli obiettivi di sviluppo di energia da biomassa possono essere compatibili con l’aumento della produzione di cibo? Questa la domanda principale a cui hanno cercato di dare una risposta i relatori del seminario “Bioenergia Sostenibile: i Semi dello Sviluppo Sostenibile”, organizzato a Roma dalla Global Bioenergy Partnership (GBEP) e dal Ministero dell’Ambiente. Gli obiettivi di sicurezza alimentare non paiono necessariamente in competizione con le bioenergie, ma a patto che queste ultime si sviluppino secondo precise condizioni. Sono fondamentali cioè politiche chiare nella definizione dei criteri di sostenibilità ambientale, cooperazione internazionale e scambio di informazioni tra Paesi.
Alla sfida dell’aumento di popolazione e della conseguente esigenza di incrementare sia il cibo disponibile, che l’accesso all’energia, Monika Bergamaschi, Segretario all’Agricoltura dello Stato di San Paolo, in Brasile, risponde ponendo come obiettivo l’aumento della produttività in agricoltura. Ricerca, tecnologia, nuove pratiche agricole che vadano nella direzione di aiutare lo Stato di San Paolo a centrare l’obiettivo, di carattere volontario, di ridurre le emissioni di gas serra del 20% rispetto al 2005. Il governo brasiliano ha anche un piano specifico per ridurre le emissioni derivanti dall’agricoltura (Low Carbon Agriculture System, Programa ABC). E a quanti temono che l’Amazzonia possa essere vittima di deforestazioni collegate alla filiera dei biocarburanti, Mariangela Rebuà, Direttrice del Dipartimento di Energia del Ministero per le Relazioni Internazionali del Brasile, assicura che la coltivazione della biomassa per la trasformazione in bioenergia viene effettuata a sud-est del territorio brasiliano, a più di duemila chilometri dalla foresta amazzonica. Ricordando, tra l’altro, che il clima dell’Amazzonia non sarebbe nemmeno adatto alle coltivazioni bioenergetiche.
In Argentina, spiega Miguel Almada, Ministro dell’Agricoltura, esistono già percentuali obbligatorie per i biocarburanti, che nel 2006 erano del 6% e arriveranno al 10% nel 2012. Lo scopo è quello di sostituire completamente la quota di diesel importata con il biodiesel. L’Argentina ha 40 milioni di abitanti ma produce cibo per 400 milioni. Per quanto riguarda l’etanolo, anche se fosse prodotto solo da canna da zucchero, arriverebbe a essere utilizzato a tale scopo solo il 2,5% della produzione. L’obiettivo è quindi quello di aumentare la produzione. Ma proteggere le foreste e impedire il taglio finchè l’ente che gestisce il territorio non abbia provveduto a redigere un inventario (Native Forest Land Inventory) e un piano di gestione razionale.
E’tuttavia l’Europa a fare la parte del leone nella definizione di standard di sostenibilità, grazie a quanto stabilito nella direttiva 28/2009, la cosiddetta “20-20-20”, che, oltre a stabilire un obiettivo europeo al 2020 di quota di energia da rinnovabili del 20% e di aumento dell’efficienza energetica del 20%, stabilisce che il 10% del carburanti utilizzato per i trasporti dovrà essere prodotto da biomassa rinnovabile e sostenibile. Dove per sostenibile l’Unione Europea intende un biocarburante che riduca le emissioni di gas serra del 35% rispetto ai carburanti fossili (quota che salirà al 50/60% nei prossimi anni), senza convertire l’uso del suolo e disboscare aree protette.
Giulio Volpi, del Direttorato Generale per l’Energia della Commissione Europea, spiega come le bioenergie potranno contribuire al mix energetico finale al 2020, con un aumento graduale che porterà l’Europa a diventare un importante blocco importatore di biocarburanti. Fino ad ora, la Commissione Europea ha approvato sette standard di certificazione volontari che possono essere adottati dalle aziende europee ed extraeuropee per verificare la sostenibilità della filiera della biomassa utilizzata. Tra questi standard c’è già uno schema brasiliano, mentre è in corso di revisione uno schema argentino.
I biocarburanti possono giocare un ruolo importante non solo in Europa, sia per centrare gli impegni di riduzione dei gas serra, che per fronteggiare possibili aumenti ulteriori del costo dei combustibili fossili. Secondo Corrado Clini, direttore generale del Ministero dell’Ambiente e chair della Global Bioenergy Partnership, è tuttavia necessaria l’identificazione di criteri di sostenibilità nelle regole del commercio dei biocarburanti, così da trasformarli in un motore di cambiamento: regole certe e condivise, idonee a favorire la trasparenza e la sostenibilità anche economica del mercato. Per Clini l’Africa è una regione chiave per i biocarburanti, che potrebbero introdurre degli strumenti innovativi per la cooperazione allo sviluppo. Petrolio e gas non possono più essere i driver di sviluppo dell’Africa.
Bioenergia dunque come mezzo per aumentare la sicurezza energetica, alimentare e climatica. Certo, i biocarburanti non saranno la panacea di tutti i mali, ma se utilizzati secondo appropriate regole di sostenibilità, potranno certamente contribuire alle misure necessarie per indirizzare le future sfide dello sviluppo.
Veronica Caciagli
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